Devo ammetterlo: quando mi chiedono se sono un “motivatore” mi irrito.
La vera motivazione proviene dall’interno, non dall’esterno. L’idea del motivatore, invece, sottende che essa sia qualcosa che alcuni eroi “superadrenalici” hanno il potere di infondere negli altri a proprio piacimento. E’ un’idea megalomane e ingenua, un’idea che, come dice lo psicologo sportivo Pietro Trabucchi, “tratta la motivazione al pari di una scatola di iniezioni, la famosa ‘motivina’ che qualcuno pretenderebbe di iniettare al prossimo”.
Si tratta di una credenza alimentata dalla presunzione e dal narcisismo di chi si illude (o vuol far credere) di possedere tali poteri ma smentita dalla realtà. Lasciamo al cinema l’immagine epica di personaggi che grazie ai loro discorsi e alle loro strigliate rimettono in piedi squadre e atleti distrutti e li trascinano alla vittoria. E’ un’idea magica e affascinante, ma Al Pacino sta a Hollywood mentre noi, spesso, dobbiamo trovare la forza di motivarci per svegliarci alle sei del mattino e andare a correre in un parco di periferia.
Non sto dicendo che la motivazione interna non sia influenzata dai fattori esterni, che il potere persuasivo di una persona non ci possa condizionare (è palese che allenatori come Mourinho o Conte hanno una capacità persuasiva straordinaria… e chi può negare di non gasarsi come un pazzo ogni volta che rivede in tivù la famosa scena del discorso di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”…). Il punto è un altro: un conto è sostenere che ogni allenatore possiede una serie di strumenti per sostenere e rinforzare la motivazione dell’atleta; un altro è credere nell’esistenza di strumenti magici, istantanei e miracolosi.
Alcuni atleti mi telefonano per dirmi che hanno bisogno di essere motivati. Mi dispiace per loro, ma io non conosco alcuna pillola magica; al limite, insieme, possiamo provare a capire cosa è successo, cosa ha annacquato quella passione folle che per tanti anni li ha animati e, sempre insieme, possiamo valutare quali percorsi intraprendere per riaccendere la motivazione.
Va avanti chi ha il fuoco dentro, non quello rimorchiato dal padre (o dalla fidanzata o dal miraggio della Ferrari o dal motivatore). Sappiatelo, genitori: volete un figlio campione? Lasciatelo in pace, smettete di fargli il pieno di benzina e provate a insegnargli a farselo da solo: un padre sereno, capace di delegare e in pace con sé stesso ha molte più probabilità di trovarsi il campione in casa di un padre ossessivo che cerca appagamento nei successi del figlio.