E’ una delle cose più importanti da capire per ogni sportivo: siamo noi gli artefici del nostro destino. Non esiste allenatore o dirigente o sfortuna: prima o poi, se lo desideri più di ogni altra cosa al mondo, raggiungerai il massimo delle tue potenzialità. Non so se ciò ti porterà in Nazionale o in Serie B o in Lega Pro, ma ti garantisco che quando appenderai le scarpette al chiodo potrai godere di una grande fortuna: non avrai alcun rimpianto perché avrai dato tutto quanto era nelle tue possibilità.
Avete visto “Invictus”, il film con Morgan Freeman e Matt Damon? In breve la trama: nel 1990, dopo essere stato rilasciato dalla prigione, Nelson Mandela diventò presidente del suo paese e decretò l’abolizione dell’ “Apartheid”. Il suo obiettivo era quello di realizzare una politica di riconciliazione tra la maggioranza nera e la minoranza bianca. Nel 1995, la celebrazione in Sud Africa dei Mondiali di rugby, vinti proprio dai sudafricani, fu lo strumento usato dal leader nero per ottenere l’unità nazionale.
Il titolo “Invictus” (significa “imbattuto”, “indomito” in latino) deriva da una poesia composta nel 1985 da William Ernest Henley. All’età di 12 anni, Henley rimase vittima di una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all’età di 25 anni lo costrinse all’amputazione di una gamba. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all’età di 53 anni.
La poesia “Invictus”, scritta sul letto di un ospedale, fu usata da Nelson Mandela per alleviare il dolore dei suoi anni di prigionia durante l’apartheid. E’ questo il motivo per cui dà il titolo al film diretto da Clint Eastwood nel 2009.
Ecco la poesia. Leggetela, rileggetela, imparatela a memoria, fate quello che volete: l’importante è che non dimentichiate mai che siete i capitani della vostra anima.
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un abisso che va da un polo all’altro,
Ringrazio qualsiasi dio esista
Per la mia indomabile anima.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e di lacrime
Incombe solo l’Orrore delle ombre,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.