Gli allenatori vogliono fare gli psicologi, peccato che nessuno possa inventarsi una professionalità e una competenza dall’oggi al domani. E’ come se io o un mio collega entrassimo in un’azienda e dessimo direttive al responsabile amministrativo per fare quadrare i conti. “A ciascuno il suo”, diceva Sciascia. E mai parole furono più adeguate. Le ultime perle arrivano da Spalletti e da Mazzarri. Il primo ha dichiarato che il problema dell’Inter sta nella concentrazione (ma di cosa si tratta? Di cosa parliamo quando parliamo di concentrazione? Come si allena la concentrazione?); il secondo ha dichiarato di aver scoperto cosa fare per migliorare il rendimento del suo Torino. Il mister toscano dice che per maturare bisogna instillare nei giocatori il terrore di perdere. Questa sua dichiarazione si scontra contro un secolo di studi di psicologia e di comunicazione. No, non è questione di instillare il terrore di perdere; è questione di instillare una voglia feroce di vincere. La nostra mente procede per immagini e non riconosce la negazione. Alcuni esempi: se diciamo a qualcuno di non pensare al castello rosso, qual è la prima cosa che fa? Pensa al castello rosso. Se invitiamo un portiere a non prendere gol, cosa succede nella sua mente? Immagina automaticamente la palla che supera la linea di porta. Cosa succede se invece lo incitiamo a parare tutto? Si immaginerà di volare da un palo all’altro respingendo anche le mosche. Perdonate la banalità dei miei esempi; li utilizzo soltanto per dimostrare come la comunicazione vada utilizzata in positivo e per orientare all’azione “utile”. La comunicazione efficace non è quella che invita ad “andare via da”, a “evitare” (la sconfitta), ma quella che motiva ad “andare verso” (la vittoria). Lo stimolo, cioè, dev’essere positivo e capace di attivare immagini vincenti.